Atlante gerarchico del cervelletto umano
GIOVANNI ROSSI
NOTE E NOTIZIE - Anno XXI – 05 ottobre 2024.
Testi
pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di
Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie
o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione
“note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati
fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui
argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione
Scientifica della Società.
[Tipologia del testo: RECENSIONE]
Solo due settimane fa abbiamo dato notizia della
scoperta del ruolo del cervelletto nella regolazione della sete, recensendo uno
studio che ha riconosciuto a questa formazione encefalica un’importante
partecipazione alla regolazione del comportamento istintivo e, in particolare, a quel controllo superiore dei
processi omeostatici considerato tipico ed esclusivo dell’ipotalamo[1], e oggi ritorniamo a
occuparci di cervelletto.
I progressi nelle conoscenze hanno preso a marciare a un ritmo sempre più
serrato. Fin dalla fondazione della nostra società scientifica abbiamo sostenuto
la necessità di aggiornare le trattazioni didattiche di neurofisiologia
cerebellare e promosso la diffusione degli esiti delle nuove ricerche e, ora
che si hanno conferme sperimentali di quanto inferito da nostri soci oltre vent’anni
fa, siamo lieti di comunicare le nuove nozioni, anche se questo ci ha richiesto
un impegno extra mirato, nel lavoro di monitoraggio della pubblicistica
neuroscientifica. Come abbiamo già fatto due settimane fa, riprendiamo a
beneficio dei lettori gli esiti degli ultimi lavori sperimentali da noi recensiti
fino al mese di giugno.
Introducendo la recensione di uno studio sul cervelletto[2], il 22 giugno abbiamo così
sintetizzato le tappe principali del nostro impegno recente nel seguire la
ricerca sulla neurofisiologia di questa parte dell’encefalo:
I continui progressi nelle conoscenze sul cervelletto
richiedono la nostra attenzione costante come recensori: a maggio abbiamo
presentato tre nuovi studi che, nell’insieme, costituivano già un piccolo
aggiornamento. In precedenza abbiamo riportato lo studio di Jessica Bernard che
fa il punto delle conoscenze sulle interazioni ippocampo-cerebellari e le
considera anche in relazione all’invecchiamento e al declino cognitivo legato
all’età[3]. Ancor
prima, nel mese di febbraio, abbiamo visto come la struttura dell’encefalo descritta
quale organo per la prima volta da Vicq d’Azyr controlli direttamente la sostanza
nera o Substantia Nigra di Sömmering del mesencefalo, agendo
direttamente sulle popolazioni dopaminergiche connesse, regolando i valori di
ricompensa connessi col movimento[4]. Ci
siamo poi occupati dei nuovi meccanismi dei granuli cerebellari[5]. Abbiamo
recensito anche uno studio su un ruolo del nucleo interposito: i neuroni
di questa formazione nucleare generano previsioni che ottimizzano
nel tempo e nella forma la riposta di un movimento condizionato[6].
Nell’apprendimento cerebellare classico, le cellule di Purkinje (PkC) associano i segnali di errore delle fibre
rampicanti (CF) alle cellule dei granuli (GrC)[7] predittive che sono attive
subito prima (circa 150 ms). Il cervelletto partecipa anche all’attuazione di
comportamenti caratterizzati da una scala temporale di maggiore durata. Martha G.
Garcia-Garcia e colleghi coordinati da Mark J. Wagner, per indagare come i
circuiti GrC-CF-PkC possono
apprendere previsioni della durata di secondi, hanno rilevato immagini
simultanee dell’attività GrC-CF durante l’apprendimento
condizionato con una ricompensa d’acqua ritardata. I risultati dell’osservazione
sperimentale sono molto significativi[8].
Dopo questi studi, come abbiamo già ricordato, Ila Mishra
e colleghi hanno rilevato e dimostrato che le cellule di Purkinje del
cervelletto nel topo sono attivate dall’ormone asprosina,
e determinano un aumento della sete, ossia del desiderio di bere e dell’esecuzione
di atti di assunzione di liquidi[9].
Proprio tutte queste scoperte, che si cerca ormai senza molto successo di
integrare nel quadro complessivo della neurofisiologia cerebellare, fanno
sentire il bisogno di rivedere lo schema di base dei rapporti tra anatomia e fisiologia.
A questa esigenza risponde un lodevole lavoro condotto da Caroline Nettekoven e colleghi coordinati da Jörn
Diedrichsen: i ricercatori hanno realizzato un
atlante gerarchico del cervelletto umano per una mappatura funzionale di precisione;
adottando un criterio nuovo hanno potuto integrare gran parte delle nuove
nozioni emerse dalla ricerca.
(Nettekoven
C. et al., A hierarchical atlas of the human cerebellum for functional
precision mapping. Nature Communications
– Epub ahead
of print doi: 10.1038/s41467-024-52371-w,
2024).
La provenienza degli autori
è la seguente: Western Institute for Neuroscience,
Western University, London ON (Canada); Department of Computer Science, Western
University, London ON (Canada); Department of Statistical and Actuarial
Sciences, Western University, London ON (Canada).
Come in precedenti
occasioni, introduciamo il lettore non specialista allo studio prevalentemente
anatomico del cervelletto. I brani che seguono sono stati riportati di recente
nell’ultimo aggiornamento sulla ricerca in questo campo[10].
Il cervelletto è quella parte dell’encefalo che occupa la fossa
cranica posteriore ed è presente in tutti i vertebrati con uno sviluppo
proporzionato a quello del cervello. Si presenta costituito da tre parti: una
struttura mediana di minore dimensione denominata verme cerebellare,
corrispondente al cervelletto primitivo presente anche nei più bassi vertebrati
(paleocerebello), e due espansioni laterali dette emisferi cerebellari.
È situato nella loggia cerebellare delimitata dal tentorio e si sviluppa
sotto il cervello, dietro il ponte, sopra il bulbo. Il suo diametro trasverso
raggiunge un massimo di dieci centimetri, mentre verticalmente supera raramente
i cinque centimetri per un peso complessivo medio di 140 g, ossia l’ottava parte
del peso del cervello. I solchi del cervelletto consentono di ripartirlo in tre
lobi e numerosi lobuli, accuratamente descritti dagli antichi anatomisti secondo
criteri che non hanno trovato riscontro fisiologico o utilità clinica.
Il
fascino esercitato sugli antichi morfologi dalla struttura corticale cerebellare
costituita da innumerevoli lamelle è stato superiore a quello dell’organizzazione
in rami e ramoscelli diretti ai lobuli della sostanza bianca del centro midollare
o tronco, cui diedero il suggestivo nome di albero della vita. Contrariamente
a quanto creduto da alcuni studiosi contemporanei di storia della medicina,
questa denominazione non trae affatto origine dall’erronea attribuzione al cervelletto
di un ruolo vitale nella fisiologia dell’organismo, ma dall’analogia morfologica
con la tuia (Thuja, L. 1753), una pianta arborea
sempreverde delle Cupressaceae che presenta, al posto di foglie larghe, verdi
diramazioni e sotto-diramazioni multiple costituite da minuscole scagliette foliacee[11]. A differenza del cervello, in cui la
sostanza bianca ha un’enorme espansione indipendente con le sue strutture
interemisferiche e il centro ovale di Vieussens, entrando solo perifericamente nella
costituzione dei giri corticali, nel cervelletto l’aggregato pirenoforico
corticale segue come un rivestimento tutte le diramazioni della sostanza bianca
che, nell’aspetto morfologico macroscopico delle sezioni dell’organo, appare
come un semplice complemento della preponderante struttura grigia.
La corteccia
del cervelletto ha lo spessore di un millimetro o un millimetro e mezzo, e
al taglio rivela due zone di aspetto differente: 1) uno strato esterno o
superficiale di colore grigio pallido; 2) uno strato interno o profondo
dal colorito tendente al fulvo rossastro, che giustifica la definizione di strato
rugginoso.
L’esame microscopico
della corteccia cerebellare consente di distinguere uno strato esterno o
molecolare, che costituisce circa la metà dell’intera struttura e presenta
abbondanza di fibre e scarsità di cellule, e uno strato interno o granuloso
caratterizzato da numerosissime cellule.
Fra queste
due lamine di tessuto grigio si interpone uno strato intermedio o zona
mediana, sottile ma caratterizzata da una fila di neuroni esclusivi del cervelletto
e dalla morfologia inconfondibile: le cellule di Purkinje.
Le cellule
di Purkinje sono disposte a formare una fila abbastanza regolare, anche se a
tratti si notano lievi irregolarità, perché alcuni di questi neuroni inibitori
GABAergici sono dislocati verso la superficie esterna della corteccia, non in
linea con la maggioranza, tanto da meritarsi il nome di “cellule spostate”, con
il quale erano state descritte da Santiago Ramon y Cajal. Le cellule di Purkinje
sono piriformi, con l’asse maggiore di 50-60 micron e una larghezza non superiore
ai 25-30 micron, e presentano al polo superiore, rivolto verso la superficie
esterna della corteccia, un tronco dendritico di grande calibro che si divide
presto in grosse diramazioni principali, dalle quali originano, con una morfologia
che ricorda un po’ quella dei rami della quercia, diramazioni secondarie e terziarie,
che penetrano nello strato molecolare. L’espansione a ventaglio si risolve in
una “lussureggiante arborizzazione che si può seguire fino alla superficie piale”[12], secondo la descrizione classica. Sui rami si
possono osservare le numerosissime spine dendritiche, che in questi
neuroni sono state accuratamente studiate nell’ultrastruttura al microscopio elettronico.
È interessante la disposizione della fitta arborizzazione dendritica delle cellule
di Purkinje, che Obersteiner paragonò a una pianta di vivaio fatta sviluppare
intorno a un “sostegno a spalliera”, da cui la denominazione di spalliera
dendritica che si adotta attualmente. Questa struttura è infatti disposta
su un piano ortogonale rispetto a quello principale della lamella della
corteccia del cervelletto, per cui si dice che l’arborizzazione a spalliera “si
espande per traverso alla lamella”[13].
Dal polo
opposto o interno della cellula di Purkinje origina il neurite che diventa cilindrasse,
ossia assone rivestito di mielina[14], presentando la caratteristica di un diametro
inferiore a quello del tronco dendritico, all’opposto di quanto accade per la
maggior parte dei neuroni. Dopo un tratto più o meno breve, l’assone emette rami
collaterali, alcuni dei quali terminano nello strato granuloso mentre altri
risalgono come collaterali retrogradi fino al molecolare dove assumono decorso
orizzontale e terminano circondando con una terminazione anulare il tronco dendritico
della stessa cellula, di un’altra o di numerose altre cellule di Purkinje,
realizzando un controllo inibitorio retrogrado dell’input che arriva
dalle sinapsi formate dalle spine della spalliera dendritica con i neuriti dei
neuroni che compongono la citoarchitettonica corticale. Dopo aver emesso i
collaterali, proseguendo il suo percorso, il neurite entra con la miriade di
altri cilindrassi omologhi nella sostanza midollare, dove costituisce la connessione
diretta ai nuclei centrali del cervelletto, ossia la via cortico-nucleare
cerebellare.
In estrema
sintesi la struttura della corteccia cerebellare può essere schematizzata come
segue.
1)
Lo strato molecolare, esterno, caratterizzato
dalla cellula dei canestri: contiene ramificazioni dendritiche delle cellule
di Purkinje, le fibre rampicanti e i rami orizzontali dei neuriti dei granuli,
che costituiscono la maggioranza delle fibre di questo strato.
2)
Lo strato granuloso, interno, caratterizzato
dal tipo neuronico del granulo e dai caratteristici glomeruli cerebellari
nei quali si incontrano le fibre muscoidi e i dendriti dei granuli. Tutto
lo spessore è attraversato da fibre muscoidi e fibre rampicanti, come
da tutte le altre fibre afferenti, e contiene il corpo delle cellule a pennacchio,
particolari elementi della glia descritti per la prima volta da Cajal.
3)
Lo strato intermedio delle cellule di Purkinje
attualmente descritto come parte dello strato molecolare, che è stato
considerato in passato l’elemento base del cervelletto. Infatti, alle singole
cellule di Purkinje, che ricevono segnali dalle fibre rampicanti direttamente e
dalle fibre muscoidi indirettamente per interposizione dei granuli, e forniscono
l’unico output dalla corteccia, è stato dato il nome di “cervelletto
istologico”.
La corteccia del cervelletto è la regione dell’encefalo in cui è stata
stabilita con maggiore precisione la correlazione fra anatomia e fisiologia, e l’affascinante
ricerca che ha portato alla definizione della sua architettura cellulare ha
avuto inizio nel 1888 con gli studi realizzati da Santiago Ramòn y Cajal, usando
il metodo dell’impregnazione argentica di Camillo Golgi, ed è proseguita nel
secolo successivo grazie soprattutto alle osservazioni di sir John C. Eccles e collaboratori.
Dalla scuola di Eccles proveniva Rodolfo R. Llinas, che nel 1975 integrò il suo
contributo sperimentale in una sintesi schematica e concettuale resa in una iconografia
ancora oggi adoperata per illustrare la disposizione nelle tre dimensioni dello
spazio degli elementi che formano i circuiti della corteccia cerebellare[15].
Con questi studi classici fu anche definita la natura delle fibre
muscoidi e delle fibre rampicanti. Entrambi i tipi di assoni sono eccitatori,
ma obbediscono a criteri funzionali differenti e sostanzialmente opposti.
Le fibre rampicanti provengono da formazioni distanti, come il nucleo
olivare inferiore, e ciascuna si dirige verso la cellula di Purkinje che costituisce
il suo specifico bersaglio fin dallo sviluppo embrionario e sulla quale forma
anche più di 300 sinapsi: la scarica della fibra rampicante è estremamente violenta
e fa scomparire ogni attività del neurone di Purkinje, come fu dimostrato già
nel 1964 da Eccles, Sasaki e Llinas.
Le fibre muscoidi, al contrario, eccitano numerose cellule di Purkinje,
formando solo poche sinapsi su ciascuna di esse, e le raggiungono sempre con l’intermediazione
dei piccoli interneuroni detti granuli.
Una descrizione anche sintetica dell’organizzazione funzionale della
corteccia del cervelletto richiederebbe uno spazio di dimensioni sproporzionate
in rapporto al testo e all’oggetto dell’articolo, per cui si rimanda alle
trattazioni di neuroanatomia funzionale, corredate da immagini che consentono
la comprensione dei rapporti reciproci fra cellule e dell’organizzazione
spaziale di questi sistemi neuronici[16].
All’interno della struttura del
cervelletto le lamine midollari confluiscono formando una massa di sostanza
bianca centrale che contiene i tipici quattro nuclei pari: dentato, globoso,
emboliforme e nucleo del tetto.
Il nucleo dentato è il più grande
e laterale dei nuclei, e si presenta come una lamina di neuroni irregolarmente
ripiegata, che racchiude una massa di fibre principalmente costituite da assoni
e dendriti dei neuroni dentati; queste cellule sono di media grandezza (20-30
micron). La sua forma ricorda quella di una borsetta di pelle con l’apertura
rivolta in direzione mediale, e corrispondente all’ilo del nucleo che
contribuisce alla costituzione del peduncolo cerebellare superiore.
Il nucleo globoso (o n.
posteriore interposto) è sito medialmente al nucleo emboliforme ed è continuo con
il nucleo del tetto. Come gli assoni del nucleo dentato e dell’emboliforme le
fibre dei suoi neuroni entrano nella costituzione del peduncolo cerebellare
superiore.
Il nucleo emboliforme (o n. anteriore
interposto) è laterale al nucleo globoso e si continua lateralmente con il
nucleo dentato.
Il nucleo del tetto è
localizzato in prossimità della linea mediana, al margine del tetto del quarto
ventricolo. I neuroni di questo nucleo sono prevalentemente di grandi dimensioni
(40-70 micron) e una gran parte dei loro assoni incrocia nella sostanza bianca
della commessura cerebellare[17]. Dopo la loro decussazione, costituiscono il fascicolo uncinato che
passa dorsalmente al peduncolo cerebellare superiore per giungere al nucleo vestibolare
del lato opposto. Le fibre che non incrociano entrano nel nucleo vestibolare
omolaterale; un piccolo contingente ascende verso il peduncolo cerebellare
superiore[18].
La sperimentazione
recente ha fornito dati molecolari a sostegno degli studi che hanno dimostrato un
ruolo del cervelletto nella fisiologia cognitiva, in particolare modulando il
circuito a ricompensa dopaminergico, il linguaggio e il comportamento
sociale.
I nuclei
del cervelletto possono essere definiti sub-strutture che trasferiscono
informazioni elaborate nel cervelletto da questa sede ad altri territori dell’encefalo.
Un elemento caratteristico della specie umana è il notevole sviluppo della
connessione di questi aggregati grigi con la corteccia cerebrale del lobo
frontale[19].
Ritorniamo ora
allo studio condotto da Jörn Diedrichsen, Caroline Nettekoven e colleghi per la realizzazione di questo
nuovo atlante, che potrà costituire un prezioso strumento di lavoro per i
ricercatori e un importante riferimento per lo studio delle nuove acquisizioni.
Il cervelletto
umano, come sappiamo da decenni di studi di neuroimmagine funzionale, è
attivato da una vasta gamma di azioni e compiti discreti di natura cognitiva e
motoria: gli atlanti funzionali realizzati finora sono stati impostati su set
di dati ottenuti alla risonanza magnetica funzionale (fMRI, functional
magnetic resonance imaging)
da esperimenti basati su compiti singoli o su incidenze riprese allo stato di
riposo; gli autori di questo lavoro presentano un atlante funzionale che
integra le informazioni provenienti da 7 grandi raccolte di dati sui
rapporti anatomia-fisiologia cerebellare, realizzando una sintesi mai tentata
in precedenza.
Seguendo gli
autori dello studio, possiamo sintetizzare i vantaggi principali offerti da
questo nuovo paradigma di mappe funzionali riconducendoli a tre categorie:
1)
l’atlante consente la mappatura di precisione per
singolo individuo: l’integrazione dell’atlante di gruppo probabilistico con
un localizzatore individuale di risultati di scansione consente un rilevante
miglioramento nella previsione dei confini individuali;
2)
i ricercatori forniscono sia una versione
simmetrica dell’atlante che una versione asimmetrica. La versione
simmetrica, che è stata ottenuta costringendo i confini ad essere gli
stessi nei due emisferi, è particolarmente utile per studiare la lateralizzazione
funzionale;
3)
le regioni sono gerarchicamente organizzate in 3
livelli, in modo da consentire di svolgere analisi al livello appropriato
di granularità.
Ma,
soprattutto, il presente atlante è un’importante risorsa per lo studio dell’organizzazione
funzionale interconnessa del cervelletto umano in salute e malattia.
L’autore della nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e
invita alla lettura delle recensioni di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del
sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).
Giovanni Rossi
BM&L-05 ottobre 2024
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e culturale non-profit.
[1] Note e Notizie 21-09-24 Il cervelletto
regola la sete.
[2] Note e Notizie 22-06-24 Granuli-fibre
rampicanti cerebellari per tracciare gli intervalli.
[3] Note e Notizie 09-03-24 La
nuova via cervelletto-ippocampo.
[4] Note e Notizie 03-02-24 Il
Cervelletto modula direttamente sostanza nera e ricompensa.
[5] Note e Notizie 17-02-24 Nuovi
meccanismi dei granuli del cervelletto.
[6] Note e Notizie 02-03-24 Un
ruolo del nucleo interposito del cervelletto.
[7] Si veda sui granuli la già citata
recensione Note e Notizie 17-02-24 Nuovi meccanismi dei granuli del
cervelletto.
[8] Note e Notizie 22-06-24 Granuli-fibre
rampicanti cerebellari per tracciare gli intervalli.
[9] Note e Notizie 21-09-24 Il cervelletto
regola la sete.
[10] Note e Notizie 11-05-24 Tre
nuovi studi sul cervelletto.
[11] Il nome greco θυία vuol dire “cedro” ed è stato dato
per l’odore emanato dal legno di questa pianta. Originaria di Cina, Giappone, Alaska
e regione dei grandi laghi del Nord America, in latino era detta Arbor vitae;
come vuole la legge linguistica del “conservatorismo della periferia”, in America
si è mantenuta la forma latina abbandonata in Europa ed è ancora chiamata arborvitae. L’origine della denominazione della sostanza
bianca cerebellare è riportata nel Trattato di Anatomia Umana di Testut e
Latarjet (vol. III, p. 241, UTET, Torino 1974 e seguenti ristampe), nel quale
la translitterazione dal greco è resa con thuya.
[12] Testut e Latarjet, op. cit., vol.
III, p. 242.
[13] Testut e Latarjet, op. cit., ibidem.
[14] Ricordiamo che fu Purkinje, lo
scopritore di queste cellule, che introdusse il termine “cilindrasse” per
denominare l’assone rivestito da mielina nel sistema nervoso centrale e
distinguerlo dai neuriti delle fibre amieliniche.
[15] Llinas R. R., La corteccia del
cervelletto. Le Scienze 81, maggio 1975, ristampato in Il Cervello –
organizzazione e funzioni (a cura di Angelo Majorana), pp. 120-131, Le
Scienze Editore, Milano 1978.
[16] Note e Notizie 26-09-20 La corteccia
del cervelletto umano è sorprendente.
[17] È interessante notare che non si
tratta di fibre commissurali come quelle del cervello, dove il corpo calloso,
ad esempio, connette punti omotopici dei due emisferi. Anche se si chiamano
commissurali, le fibre del cervelletto semplicemente attraversano la linea
mediana, ma hanno una diversa identità morfo-funzionale.
[18] Note e Notizie 23-01-21 Origine
nel cervelletto delle connessioni cognitive.
[19] Questo richiamo sintetico all’anatomia
cerebellare si trova anche in Note e Notizie
15-10-22 Il cervelletto nella memoria emozionale, in cui si recensisce un interessante studio di Matthias Fastenrath e colleghi.